post mortem
se un giorno,
memore della
mia follia,
dovessi tornare indietro…
eccovi la mia cartolina
post mortem:
era uno scherzo,
ma era dal vivo,
ora che non scherzo più,
mi sento
uno
morto!
SALUTI.
mercoledì 23 novembre 2011
La paura del buio. (Che vada via)
La paura del buio. (Che vada via)
E mi ritrovo anche stasera senza un filo di corrente. Disturbi alla linea dicono, ma intanto, mi disturba la voce della risponderia automatica.
"Digiti uno per scoprire le nuove tariffe; Due per comunicare variazioni della sua utenza; Tre per segnalare un guasto...".
Invece cerco il tasto che mi faccia parlare con un operatore.
Ma il nastro pre-registrato, ricomincia da capo.
Entro domattina ripristineranno tutto.
Stanotte non dormo, ho deciso.
Vigilo finchè un segnale elettrico s'infili nella cabina e salga fin su al mio appartamento.
Vigilo perchè voglio esser presente, non deve sorprendermi al risveglio.
Aspetto, soprattutto, per sbarrargli la strada.
Che mi lasci al buio, una volta tanto.
Ora ci sono abituato. Conosco gli angoli di casa, i rumori che producono quando ci urto contro, i passi necessari per evitare il pericolo. Anche silenziosa di luce, questa casa non ha segreti.
Quando ti muovi con eleganza in spazi spenti, allora sì, che puoi tutto.
Avverto l'odore di ogni singolo metro quadro, la consistenza che esso riflette nello spazio tridimensionale, il colore reale degli oggetti, privi d'un faro in proiezione.
Ah se da piccolo avessi scoperto la bellezza del buio.
Avrei ubicato trappole per i miei nemici. I compagni di scuola per esempio.
Nello spazio di mia competenza, non vi sarebbero stati segreti.
Solo poteri.
E' incredibile quanta luce possa nascondere il buio. E' assurdo anche il buio che una fiaccola genera, intorno ad essa.
E mi ritrovo anche stasera senza un filo di corrente. Disturbi alla linea dicono, ma intanto, mi disturba la voce della risponderia automatica.
"Digiti uno per scoprire le nuove tariffe; Due per comunicare variazioni della sua utenza; Tre per segnalare un guasto...".
Invece cerco il tasto che mi faccia parlare con un operatore.
Ma il nastro pre-registrato, ricomincia da capo.
Entro domattina ripristineranno tutto.
Stanotte non dormo, ho deciso.
Vigilo finchè un segnale elettrico s'infili nella cabina e salga fin su al mio appartamento.
Vigilo perchè voglio esser presente, non deve sorprendermi al risveglio.
Aspetto, soprattutto, per sbarrargli la strada.
Che mi lasci al buio, una volta tanto.
Ora ci sono abituato. Conosco gli angoli di casa, i rumori che producono quando ci urto contro, i passi necessari per evitare il pericolo. Anche silenziosa di luce, questa casa non ha segreti.
Quando ti muovi con eleganza in spazi spenti, allora sì, che puoi tutto.
Avverto l'odore di ogni singolo metro quadro, la consistenza che esso riflette nello spazio tridimensionale, il colore reale degli oggetti, privi d'un faro in proiezione.
Ah se da piccolo avessi scoperto la bellezza del buio.
Avrei ubicato trappole per i miei nemici. I compagni di scuola per esempio.
Nello spazio di mia competenza, non vi sarebbero stati segreti.
Solo poteri.
E' incredibile quanta luce possa nascondere il buio. E' assurdo anche il buio che una fiaccola genera, intorno ad essa.
lunedì 14 novembre 2011
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domenica 13 novembre 2011
Il tassista
Stamane, ne ho avuto la conferma.
Nella vita bisogna scegliere se esser passeggeri o tassisti, se si preferisce stare alla guida, o di dietro.
Viaggiare per condurre a partenze, riflette in sè uno strano senso di disperazione. Vagabondaggio, per meglio dire.
Il conducente diviene spugna e inspiegabilmente, soffre anch'egli o gioisce.
Rientra a casa dopo un viaggio nella città che altri hanno visitato ma trasuda, tuttavia, stanchezza.
"Sei stato tutto il giorno in giro, col culo appicciato al sedile!".
E' vero.
Ma tolti gli indumenti, sfilata la camicia, c'è puzza di sudore, e profumi.
Esenze di paesi lontani, incollatisi addosso.
C'è poco da fare: ha viaggiato ed è stanco.
L'unica soddisfazione è il domani: un altro viaggio, un'altra sudata, un'altra doccia.
Non sopporterei nemmeno un secondo, un passero alle mie spalle.
Non sono nato per fare il tassista ma, amico mio, qualcuno ci deve pur accompagnare.
Da soli sarebbe difficile esser puntuali, ma se ti soffiano il taxi all'ultimo istante, imprechi contro il tizio che s'è rubato il tuo passaggio.
Un altro passeggero come te.
Da che parte stai?
Sono ancora qui col mio trolley.
Qualcuno prima o poi passerà.
Stamane, ne ho avuto la conferma.
Nella vita bisogna scegliere se esser passeggeri o tassisti, se si preferisce stare alla guida, o di dietro.
Viaggiare per condurre a partenze, riflette in sè uno strano senso di disperazione. Vagabondaggio, per meglio dire.
Il conducente diviene spugna e inspiegabilmente, soffre anch'egli o gioisce.
Rientra a casa dopo un viaggio nella città che altri hanno visitato ma trasuda, tuttavia, stanchezza.
"Sei stato tutto il giorno in giro, col culo appicciato al sedile!".
E' vero.
Ma tolti gli indumenti, sfilata la camicia, c'è puzza di sudore, e profumi.
Esenze di paesi lontani, incollatisi addosso.
C'è poco da fare: ha viaggiato ed è stanco.
L'unica soddisfazione è il domani: un altro viaggio, un'altra sudata, un'altra doccia.
Non sopporterei nemmeno un secondo, un passero alle mie spalle.
Non sono nato per fare il tassista ma, amico mio, qualcuno ci deve pur accompagnare.
Da soli sarebbe difficile esser puntuali, ma se ti soffiano il taxi all'ultimo istante, imprechi contro il tizio che s'è rubato il tuo passaggio.
Un altro passeggero come te.
Da che parte stai?
Sono ancora qui col mio trolley.
Qualcuno prima o poi passerà.
Per saperne di più....
MyLemonBlog IL CILINDRO DELL'ESORDIENTE
DENTRO IL CILINDRO DELL'ESORDIENTE: L'umore
Dopo aver passato in rassegna gli elementi fondamentali che ruotano intorno al “successo” di un romanzo (ovvero Autore, Editore, Lettore), mi piacerebbe entrare nel merito della questione e porre una lente d’ingrandimento che vada a sbirciare negli anfratti che portano alla realizzazione del prodotto finale.
Insomma, vediamo cosa nasconde questo benedetto Cilindro!
Nell’argomentare i “curiosi casi” di un
esordiente, mi guardo bene dal pormi come modello o esempio. Questa non
vuol essere una guida. Preferirei definirla una vacanza offerta dallo
staff, un soggiorno gratuito tra le pagine e le sigarette di un
emergente.
Il fine? Semplice. Puro intrattenimento
culturale. Non ho la pretesa di cambiare il mondo: preferisco rendere
piacevole la permanenza.
Chiedo venia fin d’ora se utilizzerò riferimenti personali: fatevi pure gli affari miei, dunque, e accomodatevi!
In principio…
Sostanzialmente scrivevo la sera. E quando stavo male. O comunque, quando non ero in gran forma.
Mi riusciva difficile trovare idee quand’ero allegro o emozionato, felice o parimenti entusiasta per una tal ragione.
Per scrivere seriamente, dovevo soffrire.
Questa specie di masochismo creativo, la
reputo tutt’oggi, un’estrema forma di approssimazione delle idee. In
realtà, ero limitato e costretto entro certi ranghi, nella fattispecie,
ai miei umori.
Come ho già detto in precedenza, scrivo per salvarmi.
Ho iniziato così. Rigettavo le mie
paure, le emozioni e le lacrime strozzate, trasformandole in inchiostro e
caratteri. Il mio dolore diveniva inchiostro e caratteri.
Successivamente ho compreso il perché.
Per la semplice ragione che quando viviamo uno stato di abbandono o
sofferenza, siamo tendenzialmente più riflessivi. Ciò non vuol dire che
quando siamo felici, sragioniamo o siamo superficiali, ma riduciamo la
nostra capacità di riflessione verso quella che può, a giusta ragione,
intendersi come “godere di un bene”. È giusto vivere la gioia quando
siamo felici, insomma.
Ma, questo stato di grazia, per una buona parte di autori emergenti, è nociva.
Almeno per me, è andata così.
Scrivevo al buio.
La mia finestra era serrata, un po’ come il mio umore.
La luce proveniva dalle idee, dalle deduzioni, e anche dal sentimento che traducevo in inchiostro e caratteri.
Anche in questo momento, sto scrivendo quasi al buio.
Mi concentro meglio.
Tuttavia, non sono triste. In questo periodo della mia vita, sono felice.
“E cosa vuoi che ce ne importi!?”
Era giusto per condurvi a questo:
inchiostro e caratteri diventano storie quando si lascia campo aperto alla fantasia e alla voglia di trasmettere immagini.
Se scatto un’istantanea di un cimitero, trasmetterò sensazioni negative. È ovvio.
Cosa contraria avviene se immortalo l’immagine di una fanciulla che si disseta, bevendo ad una sorgente.
Le capacità di un autore, trovano sfogo in ciò che si ha voglia di raccontare. Nel messaggio che si intende lasciare al lettore.
Ho compreso sulla mia pelle cosa significasse tutto questo.
Molti lo chiamano BLOCCO DA FOGLIO BIANCO. Personalmente la chiamo INCAPACITA’ DI GESTIRE LE IDEE.
Il mio primo “blocco”, risale ai tempi
del primo romanzo. E precisamente, nel momento in cui ho spedito la mia
opera all’editore.
Non ero triste, o comunque non uscivo da un momento difficile.
Ma sentivo limitate le mie volontà creative.
Avevo tante idee, una moltitudine di invenzioni, una dannata voglia di scrivere, di raccontare, ma …
… di fronte al FOGLIO BIANCO, tutto pareva cadere nel vuoto, come assorbito dal candore di un foglio word.
È bastato iniziare, per “sporcare” quel
foglio di idee nuove. Ho ripercorso a ritroso la strada, e sono giunto
alla conclusione che ero vittima dei miei umori. La mia creatività era
soggetta all’umore.
Purtroppo, stavo bene!
A coloro che, delusi, confessano di aver abbandonato la scrittura, rispondo sempre con un imperativo.
“Scrivi!”.
“Sognare la realtà, vivere un sogno. Cantare per non vivere niente”.
Questa è la mia massima. L’ho rubata dal mio ispiratore personale: Rino Gaetano.
I sogni sono un po’ il leitmotiv della
nostra esistenza, e vivere le nostre giornate con l’ambizione di
realizzarli, è come annusarli. Con le giuste dosi, riusciamo persino a
viver meglio.
Scrivere è realizzare un sogno, per me. Vivo meglio.
Ma non ho certo la pretesa di cambiare nulla: allieto la permanenza, per vivere in modo migliore, appunto.
Vi ricorda qualcosa?!
L’ho detto all’inizio.
Scrivere per scrivere. Al di là dei
blocchi del cuore, oltre le situazioni negative. O positive. Raccontare
per incantare ed entrare per pochi istanti nella vita del lettore.
Modellarlo a proprio piacimento e condurlo per mano, verso quei paesaggi
che gli poniamo sotto gli occhi.
Un cimitero o una bambina che si disseta.
Le fotografie si sviluppano al buio. Almeno una volta, era così.
Ed io, utilizzo quel buio per squarciare la fantasia e immaginare i miei personaggi o le situazioni.
Scrivere dovrebbe essere la zona franca
di ogni autore. Porsi nel mezzo delle proprie emozioni e trasformarle in
racconto. Ogni situazione ci insegna qualcosa. Positiva o negativa.
Nel mio cilindro da esordiente, tiro fuori la voglia di scrivere. Sempre e comunque.
Adesso ho imparato.
E la metto a disposizione di chi ne vuol
far uso. Personalmente, è stato utile “violentarmi” nella scrittura,
anche quando non lo ritenevo il momento opportuno. La prima bozza
resterà sempre una bozza, ma è già qualcosa su cui costruire una trama
interessante.
Conclusione: spesso ‘muoiono’ autori promettenti. (Anche tu, per esempio).
Ad ucciderli sono gli umori, perché, scrivere per esser letti, pare cosa diversa che scriver per diletto.
Questo primo “attrezzo” da esordiente – l’umore – diviene arma da suicidio.
Se solo ci abituassimo a scrivere una
pagina al giorno, nel giro di un anno, avremmo tra le mani un bel
“mattone” da presentare ai lettori. E non lo dico io, ma esperti della
cosiddetta “scrittura creativa”.
Quindi, prima regola: scrivere ogni
santo giorno. Beh, se abbiamo scelto di “fare” gli scrittori, è il
minimo! Decidiamo noi la misura, anche poche righe. La creatività si
abituerà a vivere dei nostri alti e bassi, delle nostre battute
d’arresto, della nostra euforia: in poche parole, riusciremo a “vivere”
di scrittura, indipendentemente dagli eventi. Riusciremo ad annusare i
nostri sogni ed avvicinarci a essi. Dunque scriviamo e basta, anche se
ciò che buttiamo giù è pressoché poco o nulla. Col tempo e la pratica,
diventerà qualcosa. Le brutte copie, le hanno inventate apposta e la
redazione finale è lontana.
Fidatevi di un esordiente!
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